Narcisismo e anoressia.

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Autore: Beatrice Maiani

La relazione tra anoressia e narcisismo infatti non appare esclusivamente una speculazione psicodinamica ma realmente esistono tratti comuni: il disturbo narcisistico delle pazienti anoressiche si manifesta in atteggiamenti di onnipotenza e grandiosità, esibizionismo, sensazione di essere speciali, ricerca di ammirazione e di potere; il corpo diventa elemento strutturante dell’Io ed il narcisismo. Il cibo, primo mezzo di sostentamento, acquisisce un valore socialmente simbolico divenendo il primo vero patto di fiducia tra individuo e famiglia, oltre che, a livello più ampio con la società, assume quindi la funzione di regolatore della stima in se stessi; conseguentemente i disturbi alimentari implicano la volontà di rottura di questa fiducia, qualora tale atto d’amore si stato proferito da una madre snaturata. In questo contesto l’anoressia si introduce come rifiuto di appartenenza alla madre, alla famiglia ed alla società; l’assoluto bisogno di protesta ed il desiderio di differenziarsi pervade e caratterizza tutta l’esistenza, anche fino alla morte; il rifiuto del cibo rappresenta l’estremo tentativo di fuga da una realtà inaccettabile, ultimo atto possibile al fine di mantenere la propria onnipotenza, legata alla stima di sé.

Alle radici del comportamento anoressico troviamo spesso difficoltà di comunicazione madre-figlia ed incapacità materna di riconoscere i bisogni dei figli, di fornire risposte affettive significative a causa di una struttura caratteriale rigida che impedisce il cammino della figlia verso autonomia ed indipendenza. Per la bambina vi è un continuo rispecchiamento con la madre; difficoltà reciproca nella interpretazione dei segnali, per cui, poi, la bambina non riusciva a riconoscere i segnali che provenivano dal proprio corpo, in particolare, legati al riconoscimento del vuoto e del pieno, della fame, della soddisfazione. Solitamente la figura dominante nella famiglia delle anoressiche è quindi la madre la bambina futura anoressica ed in seguito ad una normale identificazione con questa figura, la ragazza sviluppa un comportamento estremamente invadente e critico, che le impedisce di esperire il senso di unicità della propria interiorità ed in risposta al quale emerge il vissuto di un corpo pesante, ingombrante, e minaccioso, da affamare per ridimensionarlo, opprimente: il “corpo” identifica l’oggetto materno cattivo introiettato, da attaccare e affamare per poter salvare il proprio Io.

Il rifiuto ostinato dell’alimentazione rappresenta l’unica possibilità praticabile per dimostrare onnipotenza: vivendo quasi senza cibo, l’anoressica soddisfa il narcisismo primario investito da libido e dal sentimento di piacere. Per ristabilire l’autostima, (che Fenichel indica come coscienza della propria onnipotenza originale) occorre eliminare qualunque stimolo distonico ed ogni tensione istintiva che ostacoli il cammino verso la perfezione ideale.


Uno dei tratti fobici dell’anoressia risiede nel rifiuto di dipendenza e debolezza nei confronti dell’altro, mediante la soddisfazione del bisogno di cibo, da quel prevaricatore da cui difendersi attraverso distorsione dell’immagine corporea. Altro aspetto caratterizzante l’anoressia riguarda la rappresentazione fantasmatica del corpo, non reale e assolutamente non integrata con le emozioni. E’ proprio tale irrealtà della percezione corporea, a consentire l’identificare del corpo come sede dei conflitti, riducendolo a mero “contenitore” privo di significato e per questo principale bersaglio di attacchi aggressivi e di investimenti narcisistici. Il conseguente comportamento anoressico rappresenta l’estrema difesa contro l’angoscia di annichilimento e perdita del sé, caratterizzata dalla necessità di scissione fra sé corporeo e ideale dell’Io che determina la percezione di un corpo demotivato e deformato, sempre troppo pesante e per questo rifiutato, a favore di una visione irreale di sé. La continua instabilità e imprevedibilità dei comportamenti ed i crolli regressivi frequenti rendono ancora più vulnerabile la corporeità della persona anoressica rinforzando la descrizione di un corpo depregiato.

Le relazioni delle ragazze anoressiche sono caratterizzate da aspettative del tipo “tutto o nulla”: fusione o totale separazione, secondo l’ipotesi che tali fantasie fusionali agiscano come vero e proprio supporto narcisistico per le anoressiche, solitamente portatrici di un’identità fragile e difficoltà a differenziarsi nelle relazioni: “L’altro è utilizzato come supporto narcisistico, indispensabile ma mai sufficiente, come se la perdita dell’amore incondizionato ed assoluto dell’oggetto comportasse la perdita dell’oggetto buono interiorizzato che fonda il sentimento del proprio valore. C’è la necessità della presenza di un oggetto idealizzato, sentito come onnipotente per proiezione del narcisismo infantile. L’alternativa è essere con l’altro per fondersi con lui o restare solo” (Brusset).

Nel corso del tempo i tentativi falliti di allacciare questo tipo di relazioni sono numerosi: legami molto intensi e fusionali, con forte idealizzazione dell’altro che si concludono senza particolare sofferenza con la differenziazione determinata da interessi diversi. La rottura spesso non viene elaborata, il legame semplicemente non esiste più, la persona è semplicemente dimenticata, nessun senso di perdita, niente lutto. Nei soggetti anoressici è l’immagine della madre fusionale, contemporaneamente onnipotente e persecutoria a suscitare sentimenti contrastanti: un estremo desiderio di fusione unito ad un altrettanto potente angoscia di distruzione; il conflitto fondamentale nell’anoressia mentale è legato al desiderio di “ri-unione” simbiotica madre-figlio in una non differenziazione originaria a ricostruzione della fantasia dell’onnipotenza narcisistica infantile, quando ancora il neonato non percepisce l’oggetto amato, ovvero la madre, come separato dal sé ma come un solo uno, dove la madre è un prolungamento di sé ed i confini tra sé e altro sono labili (Brusset).


Anche il rapporto medico-paziente è influenzato da questo meccanismo volto al tentativo di controllo vicendevole: visto che il medico controlla la salute del paziente, l’anoressico presentandosi alle visite soddisfa la propria fantasia di controllo sul medico mediante l’instaurazione di un legame libidico-aggressivo estremamente intenso, a somiglianza di quello con i genitori. Spesso i disturbi alimentari tradiscono una identità ed un Sé fragili e precocemente disturbati: il cibo e le problematiche connesse favoriscono la costruzione di una pseudo-identità. L’anoressica mentale nasconde una ferita narcisistica creatasi nelle primissime fasi dello sviluppo psicosessuale, essenziali per la costruzione di un’immagine corporea adeguata. I cambiamenti corporei dell’adolescenza richiedono una modifica dell’immagine corporea che vada ad integrare corpo sessuato e corpo rappresentato; l’assenza di tale integrazione, probabilmente legata a traumi precoci, quali separazioni, abusi, incuranza materna, può pregiudicare la corretta evoluzione di una personalità adulta. Tale pseudo accettazione corporea può, di fatto, impedire l’effettiva integrazione tra corpo sessuato e personalità adulta. Quando per alimentare il proprio narcisismo si deve dipere dall’oggetto esterno si manifesta la tendenza a considerare il cibo come surrogato gratificante contro sentimenti depressivi, dando origine ad un circolo che va a rinforzare la dipendenza. Qualora la struttura narcisistica si dimostri eccessivamente fragile, il soggetto, solitamente adolescente, alle prese con un disturbo alimentare, deve affrontare contemporaneamente una modificazione corporea inevitabile, delle pulsioni genitali violente che vanno a minare il precedente equilibrio narcisistico, ed una dipendenza dai legami primari non risolvibile a prescindere degli elementi precedenti.

Il processo di identificazione come adulto e l’integrazione di un corpo sessuato divengono obiettivi irraggiungibili, al cui raggiungimento i meccanismi di difesa usuali e il controllo appaiono ininfluenti; sopprimere il desiderio alla sua radice corporea, negando il bisogno appare la strada da seguire.

Alla base del narcisismo, come anche dell’anoressia si nasconde una scarsa autostima, aggirata dal paziente anoressico con la pretesa irrealistica di controllo del Sé corporeo, al cui scopo la ferrea disciplina del corpo e la riduzione dell’assunzione di cibo incarnano il tentativo narcisistico-onnipotente di ‘sganciarsi’ dal mondo esterno, rifiutandolo seguendo una sorta di autarchia con risvolti narcisistici: il soggetto anoressico rivendica il diritto di disporre liberamente del proprio corpo rendendolo inconsistente e di liberarsi da ogni condizionamento materiale. L’esistenza si focalizza sul mondo interiore, puro, che va’ oltre la vita terrena, questo senso di superiorità e di unicità dell’anoressia mentale ricalca in qualche modo la grandiosità narcisistica: in entrambi i casi tale movente ideale esistenziale nasce dal bisogno di superare i limiti spazio-temporali di una vita reale insoddisfacente verso quella dimensione ideale che aspira alla sospensione del vivere.

 

Narcisisti e anoressici rifiutano di esprimere le emozioni a chiunque altro, non ritenendoli capaci di condivisione , in quanto sprovvisti di quella sensibilità particolarmente raffinata, volta a perfezione estetica e morale di cui si considerano unici possessori. La conseguente freddezza e rigidità nei rapporti ha origine dal bisogno estremo di evitare contatti e possibili contaminazioni che potrebbero minacciare il loro percorso verso una verità accessibile solo ad esseri unici e speciali. In realtà è dimostrato che né il narcisista, tento meno l’anoressico giungono ad uno stato di quiete assoluta, dominati dal delirio di grandezza e di perfezione che, al contrario, tende a consolidare le loro convinzione patologiche. In questo frangente si inserisce la psicoanalisi che tenta di interrompere questo circolo vizioso, mediante ulteriori opportunità, decisamente più realistiche, per conciliare mondo interno ed esterno secondo un equilibrio dinamico, verso una totalità dell’individuo.

L’anoressia come disturbo narcisistico, secondo un’ottica psicofisiologica, avrebbe origine da un disturbo dei processi di integrazione fra distretti corporei, le loro funzioni e le diverse esperienze psicofisiche, in parte dovuta all’interferenza di una emozione specifica comparsa precocemente nel corso dello sviluppo e poi cronicizzata. Altra possibile causa l’assenza di esperienze psico-corporee positive quali quelle d’appoggio, fondamentali per l’adeguata percezione dell’esserci: una corretta modalità di appoggio consente di alleggerire il peso corporeo riducendo le tensioni muscolari. La difficoltà di appoggio provoca aumento delle tensioni e la conseguente ricerca di un punto di appoggio esterno. L’esperienza dell’appoggio strettamente collegata alla costruzione della “fiducia”, è un’esperienza appresa nel corso delle prime esperienze madre-figlio, una esperienza positiva consentirà al bambino il passaggio progressivo da un etero-appoggio ad un appoggio autonomo; premessa fondamentale ed indispensabile per sviluppare ottimali capacità relazionali e per acquisire sicurezza al fine di poter iniziare comportamenti esplorativi. La capacità di appoggio, influendo sul controllo delle tensioni muscolari, è strettamente collegata alla postura, che riflette la rappresentazione mentale che il soggetto ha di se, compresa l’immagine corporea, indicando come esso si colloca nel mondo e come immagina la propria relazione corpo-spazio. Il rifiuto del corpo nell’anoressia (dovuto alla ricerca progressiva di un corpo ideale) come diritto di esistere di ogni essere umano, fa’ si che la negazione del proprio corpo comporti una negazione di se stessi e del proprio diritto e desiderio di essere al mondo. In base alla letteratura conosciuta, si ipotizza quindi un disturbo relativo alla percezione dei propri confini corporei. Quando l’anoressia si impone, significa che la persona ha vissuto una guerra tra il proprio narcisismo e i propri desideri; in seguito ad una condizione di vita che ha attaccato la propria autostima.


Diverse condizioni e disturbi dell’alimentazione di tipo patologico, così diffusi in adolescenza, appaiono come possibili espressioni di meccanismi di difesa psicologici contro l’ansia che insorge parallelamente alle modifiche del corpo ed alle trasformazioni psicologiche necessarie collegate a tale maturazione sessuale. La postura identitaria dell’infanzia viene messa in discussione dalle trasformazioni corporee e sessuali: l’adolescente teme un corpo che lo travolge, le cui trasformazioni sono imprevedibili; questo giustifica il terrore di perdere il sintomo. Proprio l’incapacità di assumere il ruolo sessuale genitale e di accettare le trasformazioni legate all’adolescenza può essere una delle cause scatenanti nonché tratto significativo dell’anoressia, come annullamento della sessualità femminile a cui rispondere col rifiuto del corpo in quanto sede del conflitto e cambiamento. L’adolescenza è infatti un periodo di transizione che richiede una coscienza di sé e della nuova sessualità, che, in mancanza di identità e sicurezza propria, può essere vissuta come estranea, in modo colpevolizzante e distorto; perché sono mancati i supporti relazionali idonei ad un corretto sviluppo dell’identità, del narcisismo e dell’Ideale dell’Io. Il rifiuto della sessualità si inserisce come ulteriore strumento per rifiutare l’Altro, il primo oggetto d’amore: la madre. La negazione della sessualità diviene per l’anoressica l’elemento separatore dall’Altro, dalle identificazioni con esso e dalla relazione stessa; oltre che come tentativo vero e proprio di sottrarsi all’Altro stesso, con conseguente soddisfazione erotica compensativa nel farlo attraverso la condotta anoressica.

Nei casi in cui sussiste un precedente abuso, l’Altro da evitare e da cui difendersi è solitamente un uomo, dominatore e annientatore; ancora più valido il significato attribuibile alla negazione del corpo sessuato: eliminare ogni possibile attenzione dell’Altro a scopo di difesa.

La negazione della sessualità è quindi considerata una vera e propria strategia difensiva per dominare la propria debolezza interiore, caratterizzata da un fragile narcisismo sviluppato da relazioni patologiche; che cerca rivalsa mediante il tentativo di controllare ogni relazione con l’Altro.

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